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OLTRE IL MOBBING: IL DOVERE DEL DATORE DI PROTEGGERE SALUTE E DIGNITÀ

  • Immagine del redattore: pablobottega
    pablobottega
  • 29 ott
  • Tempo di lettura: 1 min

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27685/2025, ha riaffermato che il datore di lavoro risponde ai sensi dell’art. 2087 c.c. anche quando le condotte lesive non integrano formalmente il mobbing.

Il caso riguardava un dipendente sottoposto a comportamenti discriminatori e umilianti (nuove mansioni inadeguate, derisioni sulle tendenze sessuali, mancata considerazione di problemi di salute), cui la Corte d’Appello aveva negato il risarcimento per assenza di intento persecutorio sistematico.

La Cassazione ha chiarito che la responsabilità datoriale non presuppone necessariamente un disegno persecutorio, ma sorge ogniqualvolta il datore ometta di adottare tutte le misure idonee a salvaguardare la salute fisica e psichica e la dignità del lavoratore.

Anche condotte isolate o negligenti, se produttive di danno, possono quindi fondare l’obbligo risarcitorio.

Il giudice del rinvio dovrà rivalutare il caso verificando la violazione del dovere di tutela, a prescindere dalla qualificazione delle condotte come mobbing. La pronuncia consolida l’orientamento volto a rafforzare la protezione della persona del lavoratore, ampliando il perimetro della responsabilità datoriale oltre le ipotesi di persecuzione sistematica.


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